mercoledì 1 settembre 2010

Giungla pannelli solari

Pannelli solari sempre più «invasivi»Immaginate di viaggiare nella pianura bergamasca, e trovarvi di fronte, anziché ai classici campi di mais, a distese di «specchi». Lo scenario è senz'altro fantascientifico, ma il rischio che l'agricoltura arretri di fronte alla diffusione di parchi fotovoltaici è meno lontano di quanto possa sembrare. Almeno stando all'allarme lanciato ieri dalla Giunta provinciale, che per voce del presidente Ettore Pirovano e dell'assessore all'Ambiente Pietro Romanò ha fatto presente «la necessità di colmare, a livello nazionale, il vuoto normativo che sta permettendo ai pannelli solari di invadere le aree agricole senza freni. Se andiamo avanti di questo passo, anche in Bergamasca, anziché i campi di granoturco ci troveremo campi di hockey».
A dimostrarlo basta un dato: nell'ultimo anno le richieste di autorizzazione avanzate alla Provincia («Ente competente al rilascio, ma praticamente senza poteri di veto», fanno presente gli amministratori provinciali) da società interessate all'investimento sono praticamente quadruplicate (quasi 30 quelle in provincia, più di un centinaio in regione), allettate anche dagli incentivi statali.
«Società private – l'assessore Romanò spiega il fenomeno – si presentano dai proprietari di aree agricole e chiedono di poter installare impianti fotovoltaici quasi sempre sotto il megawatt di potenza (per evitare troppi intoppi burocratici). All'agricoltore conviene dare in affitto i terreni, con i futuri introiti, anziché continuare a coltivare. Il Comune non ha il potere per opporsi con decisione, e si arrabbia con la Provincia, che però non può farci niente neppure lei».
È il caso degli ultimi due progetti arrivati ieri in Giunta, e che hanno appunto sollevato la questione. La prima istanza è stata inoltrata dalla società Itt Energy srl per l'installazione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonte rinnovabile (parco fotovoltaico di potenza pari a 950 chilowatt), nel comune di Castelli Calepio. La seconda dalla società Zam srl, per un parco di 649,74 chilowatt sul territorio di Calusco d'Adda. Entrambi avrebbero creato qualche frizione politica tra Comuni e Provincia, che però è arrivata alla conclusione di avere le mani legate e non poter far niente, se non rilasciare il nulla osta.
A malincuore. Perché se è vero che i pannelli fotovoltaici hanno dei vantaggi (come la produzione di energia rinnovabile), per Pirovano e Romanò hanno pure «dei risvolti negativi finora sottovalutati, e non tanto a livello paesistico». Come appunto il consumo del suolo destinato prima all'agricoltura (qui infatti non si tratta di impianti installati sui tetti, ma su terreni piuttosto estesi) e «un certo inquinamento luminoso che, in alcune zone, come Grassobbio, potrebbe creare problemi anche agli aerei». «Si deve intervenire a livello legislativo, perché questa dovrebbe diventare una competenza federale dentro una legge-cornice – conclude il presidente Pirovano –. Chi meglio dei Comuni e delle Province può sapere dove e come è meglio realizzare questi impianti». (fonte eco di bergamo)




Porthos

2 commenti:

ORSO45 ha detto...

Ottimo!
Abbiamo l'energia pulita per cuocere la polenta..... peccato che ci manca il mais che dovremo acquistare altrove, magari prodotto consumando petrolio.

pierangelo ha detto...

Credo che sia la questione dei pannelli fotovoltaici installati nei terreni agricoli che la richiesta delle centrali sull’Adda siano accumulate dallo stesso proposito speculativo utilizzando le fonti rinnovabili di energia. Pur condividendo e auspicando la diffusione di tali fonti è normale che dove vi siano controindicazioni significative si dovrebbe soprassedere, come ognuno farebbe a casa sua. Se per esempio a casa nostra la posizione ottimale per i pannelli fosse davanti all’uscio di casa, uno lascerebbe perdere. Nel caso della diga-centrale l’intervento sarebbe realizzato su uno dei più bei tratti dell’Adda. Vogliamo rinunciarvi per sempre? Per cosa? Per quanto riguarda il posizionamento dei pannelli nei terreni agricoli si dovrebbe prima utilizzare superfici già irrimediabilmente compromesse dal punto di vista naturale, come ad esempio i tetti dei capannoni, senza ricorrere ad una fonte energetica rinnovabile consumando però un’altra risorsa non riproducibile, il suolo. Inoltre sarebbe più giusto che l’incentivo, che paghiamo poi tutti in piccole quote sulla nostra bolletta, venissero ripartiti in quote per finanziare piccoli impianti famigliari piuttosto che assorbiti da grandi impianti costruiti a scopo speculativo. Sarebbe come se incentivi per l’acquisto di elettrodomestici a basso consumo fossero poi utilizzati da un negoziante per acquistarne grosse quantità da rivendere ai clienti.